Una storia al giorno: nr 4

Dottoressa Amera El Assouli

condizione attuale: sconosciuta.

Chissà se il busto di Ippocrate piange lacrime di sangue a veder come oggi, nel 2024, ci siano dottori dalla patria a stella blu di Davide, che inneggiano a fare morire tutti i loro fantomatici nemici.

Regolerò il tenore di vita per il bene dei malati secondo le mie forze e il mio giudizio, mi asterrò dal recar danno e offesa

Chissà se i parenti incazzati di un parente a cui hanno fatto saltare le gambe proveranno a distruggere il pronto soccorso, ah no, insieme alle gambe dell’uomo, pure il pronto soccorso hanno fatto saltare.

Ci sono però dottoresse, come Amera El Assouli, che non fanno salti, ma corse: contro il tempo, tra i proiettili, verso i feriti. Non è un giuramento che rende una persona migliore, con tutte le volte che mi hanno giurato mi avrebbero mandato in collegio avrei dovuto intuirlo. Ciò che rende le persone migliori, sono sempre e per sempre, le loro azioni.

Poco fuori dall’entrata dell’ospedale di Khan Yunis un ragazzo ha ricevuto il benvenuto dai cecchini stellati. Non potrebbe mai riuscire ad entrare nell’edificio da solo. Amera non ci pensa due volte, perché ogni vita va salvata, si toglie il giaccone e corre a testa bassa per evitare le pallottole verso il rifugio di fortuna dove si trova il ragazzo ferito. Altri la seguono poco dopo e riescono a portare il ragazzo nell’ospedale per verificare le sue condizioni. Dove sarà oggi quel ragazzo? E la dottoressa Amera El Assouli? Saranno nel Jannah?

Coloro che avranno creduto e compiuto il bene gioiranno in un prato fiorito. (Surah Ar-Rum 30:15)

O saranno ancora in quell’inferno quotidiano a salvare vite?

Dottoressa El Assouli, mi scuso per il colloquiale “Tu”, ma proprio perché non credo nei formalismi, mi rivolgo a te come un’eroina del quotidiano, in una circostanza fuori dall’ordinario, apocalittica. Ti immagino toglierti quella giacca, e correre a perdifiato per recuperare i feriti, per prendere in braccio al volo i bambini senza gambe che ancora allungano le braccia verso una madre che da quel prato fiorito lancia loro petali che sul loro viso diventano lacrime. Ti immagino dare istruzioni sul come suturare, medicare, alleviare. Tutto senza i ferri giusti del mestiere, tutto senza anestesia, tutto con un sacco di epidemie donate dai geni del male, tutto coi pochissimi mezzi che ancora non sono stati distrutti, tutto coi pochi colleghi che ancora non sono stati ammazzati.

Ti vedo dottoressa, nei tuoi occhi scuri e profondi, nelle tue mani salde e decise, nei tuoi gesti rapidi ed esperti. Ti vedo dal mio cuore, ad occhi chiusi e speranza spalancata. Tu salvi vite, resusciti i disperati, sei ciò che l’umanità sta perdendo.

Io ti vedo.

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