Oggi più di ieri, Veronica, Mia

La sera prima.

La sera prima di un giorno triste, molto triste. Perché domani sarà l’ultimo giorno che la nostra Veronica frequenterà il centro diurno per minori Manzoni di Busto Arsizio. Lì lasciamo un pezzo del nostro cuore. Lì professionisti con la P maiuscola hanno accolto Veronica dopo mille vicissitudini donando alla nostra famiglia serenità e nuovamente fiducia nel prossimo. Chi ci conosce sa.

Abbiamo dovuto prendere una decisione, difficile e dolorosa… quella di ritirare nostra figlia e ricominciare nuovamente da capo.

Come mai? Non un capriccio, non la conclusione di un ciclo… nulla di tutto questo. Non ci vergognano ad ammettere che economicamente per noi è un sacrificio… la retta da sostenere troppo alta è a lungo andare estremamente logorante. Abbiamo chiesto aiuto al nostro comune in mille modi ma la risposta si può ben immaginare. Non ci sono i soldi, il vostro isee non ci permette di aiutarvi, dobbiamo essere fiscali, nessuna eccezione… queste le risposte più comuni….

Non siamo ricchi, onestamente da quasi due anni a questa parte (data di inizio a Busto) arriviamo a fine mese al pelo, stando attenti, facendo rinunce ( e non ci lamentiamo) ma vivendo nel terrore dell’imprevisto. Perché se arriva un imprevisto e i soldi non ce li hai allora le cose si mettono male…

Per non parlare dei problemi logistici… ok Busto Arsizio non è Roma ma per due genitori che lavorano organizzarsi con gli orari non è semplice. Abbiamo chiesto aiuto per il trasporto di Veronica (sempre al comune)ma secondo voi quale è stata la risposta?

Busto Arsizio non rientra nelle tratte organizzate.

E allora aggiungi ai sacrifici la benzina, il casello, quasi 18 notti al mese lavorative per me, sacrifici immani per michele, due genitori stressati e due figli che meritano tutta la serenità di questo mondo.

Provi a spiegare a chi ti dovrebbe dare una mano (il comune) che certi ritmi, certe spese non sono sostenibili ma si continua ad essere trattati sempre e solo come numeri.

Non so che numero siamo ma sappiamo che ci siamo rotti le scatole di vivere una vita di corsa, di preoccupazioni, di stress e di sacrifici… senza poi dimenticare tutto l’aspetto processuale che stiamo affrontando per via dei maltrattamenti subiti da nostra figlia, un aspetto che ci ha demolito nell’anima… ma questo è un altro capitolo.

Quel che sarà del nostro futuro è incerto, l’unica certezza è che penseremo sempre e comunque al bene dei nostri figli. Purtroppo come al solito ce la caveremo da soli.

In un mondo ideale una ragazzina con una grave disabilità non dovrebbe pagare, o almeno dovrebbe essere aiutata nel sostenere le spese di un progetto riabilitativo e di assistenza. Nella vita reale siamo a Varese e domani sarà l’ultimo giorno di Veronica.

Questo è quanto.

Buonasera a tutti e scusate lo sfogo che sfogo non è… se posso chiedervi solo una cosa… se vi va condividete il nostro scritto.

Grazie di cuore.

Vera e Michele Ragni

Ps. La foto è dei festeggiamenti dei 13 anni al cdd Manzoni di Busto, ringraziamo ancora tutti i loro operatori per l’amore donato alla nostra Veronica e per aver provato insieme a noi ad abbattere un muro e un sistema impenetrabile.

Ho lasciato come primo lampo le parole di Vera, perché sono luce. Mi tratterrò dal mio essere tuono e passo direttamente a nubifragio di rabbia inespressa.

Sembra ieri quando scrivevo di Veronica, nel 2016, l’ho rivista l’altro giorno ed è più alta di me di una spanna buona. Con mamma Vera, papà Michele, fratellino ino ormai mica tanto Edo, gli amici di Aquamondo e un vero branco di leoni nuotanti a fare il tifo. Per tutti.

Per tutti, non a caso. Tutti perché oggi è Veronica ad aver bisogno di aiuto, ma domani potresti esser tu, voi, Mia. Non è questione di fare o meno una raccolta fondi, ma si deve smuovere il sistema, non siamo numeri, ma persone.

È inaccettabile quanto famiglie come quella di Veronica debbano subire apparentemente (e nemmeno velatamente) abbandonati a loro stessi. Sia chiaro anche il fatto che loro non stanno condannando quella che agli occhi di molti potrebbe sembrare “la croce della malattia della figlia”, no. Ma condannano la Via Crucis delle istituzioni, della burocrazia, dei diritti negati. Negati per svariati motivi: sindrome magari troppo rara per esser riconosciuta all’interno di determinati parametri, isee troppo alto perché lavoratori entrambi anche per pagare corsi o attività non corrisposte dal sistema sanitario nazionale, troppo lontani per le tratte del trasporto richiesto e spesso troppo vicini a sentirsi invisibili.

Per me, da quando vi ho conosciuto, siete stati luce pura e nel mio piccolo, diffonderò il vostro messaggio a quanti più occhi e orecchie possibile.

Perché che sia Veronica, Mia, Luca, non importa. Ciò che importa è cambiare le cose, in meglio, per davvero

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