Ho dovuto verificare l’ultima volta in cui ho coccolato il mio blog.
Dicembre.
Imperdonabile, lo so. Imperdonabile pensare di passare 5 mesi senza curarsi di ciò che ci possa appagare, in una realtà dove sembra il verbo più usato sia, invece, pagare.
L’ultimo paio di articoli riguardava la Palestina, beh, anche questo ne parlerà, perché è doveroso, nonostante qualcuno mi abbia fatto notare che ho rotto il cazzo coi miei pipponi. Vorrei a sto giro, provare a farvi arrivare allo zerbino della mia ala cerebrale pensante affinché capiate i pipponi. Poi, sia chiaro, se ve ne frega meno dell’uccisione degli orsi o del libro di Vannacci, potete anche tornare un’altra volta.
Parto da quelle che per me son le basi. Se uno protesta pacificamente contro l’uccisione di decine di migliaia di persone non può essere caricato di botte da persone in divisa che dovrebbero essere coloro che noi chiameremmo in caso di aiuto di fronte ad un reato. Cioè, aiutatemi a capire: io son lì che guardo passare il giro d’Italia con addosso una bandiera palestinese anziché lo scialle di mia nonna…e vengo arrestata? Per carità, in questo paese guai a toccare la famiglia, ma vi assicuro che mia nonna non si è offesa e probabilmente è giù a Milano con la Franca ogni sabato a manifestare da 7 mesi a sta parte.
All’Eurovision, dove ricordo che la Russia era stata bandita con toni aspri e accuse, tra i concorrenti c’è tranquillamente la rappresentante israeliana e per di più vengono vietate le bandiere palestinesi. Probabilmente pensano possano impallare le telecamere durante la trasmissione, perché non vedo altri motivi tecnici.
Al Salone del Libro di Torino, città natia del Conte di Cavour e di Luciana Littizzetto, viene impedito l’accesso a chi esponga simboli palestinesi e si smuove una mobilitazione poliziesca che nemmeno al raduno fascista ad Acca Larentia…Ah no scusate, lì la polizia non c’era davvero pardon.. mi era sfuggito che la polizia arriva se gridi “l’Italia è antifascista”. Se invece ti ritrovi con 50/100/200 geni a fare saluti romani in memoria di antichi sfarzi al massimo finisci sul giornale, non in ospedale con la testa sfasciata.
Non siamo la Repubblica delle banane, no. Le banane non sono né di stagione né del territorio. Al massimo potremmo essere la Repubblica degli acini (con la C, non la S), visto che il buon vino del nord è talmente considerato dal nostro ministro dell’agricoltura, che fotte sega se poi la siccità c’è solo in Sicilia dai. Detto da uno che rappresenta l’unica razza vivente senziente, non si può che credergli. Poi che io abbia colleghe che credono si consumi più acqua per un ceppo di insalata che per la vita di una mucca in un allevamento intensivo, beh, ho sempre quei due nanosecondi in cui il mio essere senziente cozza con la pugile che è in me e alla fine si taccia, sperando che mio fiato non sprecato si trasformi con il potere del cristallo di luna in ossigeno da distribuire a cervelli atrofizzati.
L’atrofizzazione del nostro pensare, offuscato da questa realtà spasmodicamente capitalista, fa sì che moltissimi individui credano a ciò che i grandi mass media trasmettono, senza porsi domande, senza chiedersi perché di alcune scelte politiche, perché duepesiduemisure. Quando di questi tempi i mal di gola durano settimane e le tossi non passano, non ci si chiede se forse sia l’aria ad avere qualcosa di diverso, no, si dà la colpa al “tempo” come se fosse un’entità pazzerella che si fa i cazzi suoi. Duole deludervi, ma la natura è perfetta da sola, in ogni sua forma, anche e soprattutto senza il nostro intervento.
Dobbiamo invece intervenire per salvare vite, per cambiare le nostre abitudini, per capire chi siamo e cosa stiamo facendo, cosa stiamo diventando e cosa vogliamo lasciare a chi sarà dopo di noi. Sì, è un pippone pure questo, ma senza Pippo, non sarebbe la Repubblica degli Acini.