Inutile che abbiate stilato una lista virtuale di buoni propositi per questo nuovo anno 2020 appena iniziato. Rilassatevi, non andrete in palestra, non avrete un aumento di stipendio e se tutto va bene (nel caso in cui siate già rientrati al lavoro) avete già il livello di sopportazione come quello del carburante della vostra auto: basso. Il problema è che non sapete a quanto ammonta la vostra autonomia.
Spesso, nel mio quotidiano, l’autonomia cozza con il libero arbitrio: arbitrariamente direi cosa penso, ma autonomamente decido di tacere. Mica per quieto vivere, no. Ma perchè son così presuntuosa da non voler sprecare il mio Verbo. Ma purtroppo, come anche nelle migliori favole, c’è sempre un Jafàr che deve intromettersi. O una SaGhè nel mio caso.
Sa-ghè che in dialetto milanese significa “cosa c’è” – che nel mio cervello diventa subito CAZZO VUOI quando qualcuno si intromette in discorsi senza essere interpellato.
La SaGhè media è un essere femminile di mezza età e con un’impalcatura ancora solida (grazie a anni di palestra e aiuti di artigiani studiati nel campo della bellezza), di ceto medio alto, provvista di panfilo ma non di jet privato, con colf per le pulizie, cuoco per i brunch e nail artist per i suoi gatti del Bengala. Del Bengala perchè i comuni europei sono tutti randagi e distruggono i divani. I gatti del Bengala, invece, stanno elegantemente seduti in poltrona a sorseggiare del Surimi liquido per mantenere il loro pelo lucente.
La tecnica di intrusione nei discorsi altrui della SaGhè è imprevedibile ma costante: che tu stia parlando di limoni o di pendolarismo da frontaliera, lei s’intrufola. A spada tratta. A lingua tesa. Non può essere che tu abbia preparato un limoncello con limoni bio della sicilia a novembre. Non puoi perchè è ovvio che i veri limoni arrivano solo a Natale. E non serve che tu provi a spiegarle che in realtà lei li vede solo a Natale perchè riceve il pacco dai parenti del cugggino dell’amico del Sud Italia solo a Natale. Non serve perchè la SaGhè vuole aver ragione. Ma perchè tu, ovviamente, hai torto a prescindere. Tu col tuo gatto psicopatico europeo non puoi capire. Cioè, il tuo gatto addirittura si arrampica sugli alberi, cose dell’altro mondo.
Oltre al definitivo abbandono per il disgusto nei confronti dei peperoni, la gravidanza di mia figlia Borly ha notevolmente innalzato i miei standard di menefreghismo. Dall’ignorare chi mi dice che la mia idea di non averle mai dato omogenizzati sia una roba da hippy, che il portarla in fascia o marsupio sia una roba da zingari e che non avrebbe mai camminato per pigrizia, che il farla ciucciare ancora la renderà per sempre dipendente da me e che se continuo così la accompagnerò alla sua laurea con una corona d’alloro e una tetta al vento (nel caso avesse la bocca secca per l’emozione di esporre la tesi).
Pure sull’educazione dei figli altrui, la SaGhè non ce la fa a star zitta. Dev’essere proprio un impulso motorio involontario che le fa aprire la bocca. Che fosse solo la bocca aperta sarebbe pure buffa: una sorta di pesce con gli occhi sgranati e capelli al vento. Ma escono pure suoni, dannazione. Giusto per citarvi un episodio, stavo parlando con un’amica (io+amica e basta – la SaGhè era solo nella stessa stanza, grande, con molte altre persone, con molti altri spunti di riflessione e con molte finestre da cui poter guardar fuori in caso di noia) che mi domandava se la Borly parlotta, le stavo raccontando un aneddoto recente: come una sorta di pappagalino, la Borly ripete tutto, anche
Letticitta (ndr: “elettricista”).
-Ma dai credo che sia veramente sbagliato insegnare parole così difficili ad una bambina così piccola!!!-
SA-GHÈ?
Avrei potuto non cogliere la sua provocazione, avrei potuto lanciare un calendario da tavolo, avrei addirittura potuto metterle di nascosto delle puntine sulla sedia. Ma no. Ho respirato come nemmeno in sala parto e:
“a noi piace favellar aulico a Palazzo Trivellon, è che altrimenti, dei villani il sovvenir ci assale”
che tradotto nel mio cervello era più o meno: fottiti. Giusto per parafrasare in sintesi.
La SaGhè non ha risposto alla mia botta di manierismo, ovviamente. Ma mica perchè non ha capito, no. Perchè doveva chiamare l’estetista, altrimenti chiudeva per la pausa pranzo. Meglio le unghie perfette che il cervello aerato.
Se anche voi avete a che fare con un esemplare di Sa-Ghè, ma non fate in tempo a non cominciare un qualsiasi discorso in sua presenza, non appena apre bocca per aerare le fauci, fate come l’Opossum della Virginia: entrate in uno stato di tanatosi. Fingetevi morti. Magari proprio proprio come l’Opossum no, visto che “entra in uno stato simile al coma e che può durare per alcune ore, durante le quali esso cade su un lato con bocca e occhi spalancati e lingua penzoloni, emettendo un liquido verde e maleodorante dall’ano“; però spegnetevi un attimo e fissate il Sa-Ghè in silenzio.
Senza appigli, resterà sbigottito e fuggirà. A prendersi un caffè o a chiamare la Colf per chiederle se il gatto del Bengala abbia già pranzato con il suo pollo Tandoori.