Dimmi, Cara

 

Inizierò questo pezzo con molta pacatezza, in quanto è venerdì, il sole fuori splende e gli uccellini cinguettano alla primavera imminente.

Io odio quando mi chiamano “Cara”. Mi urta proprio.

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L’unica Cara che conosco è la Delevingne e nonostante la nostra simile magrezza ed eleganza possano ingannarvi, se osservaste un po’ meglio vi rendereste subito conto che non siamo la stessa persona. Nell’indecisione, guardate le sopracciglia. O le tette. Nel primo caso lei le ha e io no. Nel secondo, beh.

Il mio nome è semplice (per chi lo conosce): Sara, 4 lettere, 2 uguali tra loro e nemmeno straniero o impronunciabile. E a meno che voi non siate miei amici da almeno 28 anni o non sappiate quale figura esce unendo i miei nei del braccio sinistro, “Cara” non lo potete usare.

Piuttosto Mara, Lara, Tara, Bara, Giara, Carbonara, Combattente che veste alla Marinara. Ma NON Cara.

“Cara” lo usava mia nonna. Ma non per chiamarmi, bensì per dirmi “vieni qui che ti faccio una cara”. Trattasi di “Carezza” per i non avvezzi ai gesti affettuosi familiari. Detto da lei era piacevole.

Pronunciato dalla commessa di Kasanova o da Conoscenti forzatamente conosciuti NO. In nessun caso.

L’ultima volta che la simpaticissima ragazza del Kasanova ha esordito con “Cara, lo fai il trattamento dell’olio sulle pentole?” io avrei voluto risponderle solo “No, però mi piacerebbe fare il trattamento dell’olio di ricino su di te”. Ma complice un’educazione votata alla gentilezza ho replicato “Sì Cara, ovvio che lo faccio Cara”. (Spero sempre che col ripetere, il messaggio arrivi e resti impresso)

Perchè poi, fateci caso, “Cara” non lo dicono tutte. Lo dicono quelle più infide, con un accento particolare sulla prima A e quasi come se la C fosse raddoppiata, seguito da un sorrisone talmente finto che se non rispondi in tempo con un controsorriso, resta lì, piantato sulla loro faccia come un sofficino al pomodoro. Al pomodoro perchè il più delle volte hanno il rossetto sbavato sui denti. Gialli da fumatrici. Praticamente la bandiera della Roma, senza lupa, ma con topo morto in bocca.

Se proprio Sara non vi piace e non riuscite ad abolire nè Cara, nè Tesoro, nè Bella (così mi può chiamare solo il mitico vucumprà del mare che mi vende i fantastici teli coloratissimi, leggerissimi, disegnatissimi) non chiamatemi del tutto.

Sopravvivrò. Ve lo assicuro.

 

 

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