«Avevo quattro anni e stavo sgranando piselli nell’orto vicino a casa. È uno dei primi ricordi che ho di me stessa. Una mano mi afferra, mi schiaccia uno straccio sulla bocca e il cielo diventa nero. Poi i miei rapitori mi hanno abbandonato nella giungla colombiana. Rammento rumori terrificanti tutto intorno e la sensazione di soffocare, con tutta quella vegetazione che mi sovrastava. Cercavo la strada di casa, mi sentivo intontita, spaventata e affamata. A un tratto mi sono vista circondata da un branco di scimmie. Mi hanno accolta e per cinque anni ho vissuto con loro. Fino a quando due cacciatori mi hanno trovata. Ho conosciuto così tanta cattiveria da allora che mille volte ho rimpianto quel giorno. Mi ci sono voluti anni per ritrovare la strada, una qualunque strada, che mi portasse alla libertà.»
Ho rischiato, attratta dalle storie autobiografiche, e non ne sono rimasta delusa. Non è certo un must del genere, ma sono stata rapita dalle descrizioni dei luoghi intorno alla protagonista e soprattutto magnifica la capacità dell’autrice di rendere inchiostro come la bimba veda il mondo e come si immagini modi di dire conosciuti ad un adulto (non vi posso svelare esempi, altrimenti passa per spoiler 🙂 )
Consigliato:
- agli amanti degli spazi aperti
- a chi pensa che gli animali siano meglio degli uomini
- a chi sa che la vita può cambiare da un momento all’altro
Sconsigliato:
- a quelli che schifano tutto ciò che non sia Alta Letteratura Illustrissima
- a chi odia i ragni
- a chi crede che gli uomini siano meglio degli animali